Jamboard e gli usi creativamente impropri delle tecnologie
Come mia figlia e i suoi compagni hanno creato un social caotico e colorato usando gli strumenti della famigerata DAD
Salve, io sono Alessandro “Morloi” Grazioli e questa è Ex-perimentia, il diario di un vecchio brontolone che guarda l’internet ed il mondo da un oblò.
Avevo promesso update settimanali, ma settembre è particolarmente ostico. È possibile che le newsletter diventino un po’ più agili, anche se non scadranno mai nella superficialità: l’idea è sempre quella di ragionare attorno all’Internet e alla comunicazione, tentando di trovare punti di vista obliqui.
Nell’ultimo numero di Ex-perimentia ho tentato di tracciare un percorso fra ego e passione come motori di comunicazione e aggregazione in rete, questa settimana invece proverò a raccontarvi cosa è successo nella classe di mia figlia (che ora fa la quarta primaria, ma questa storia inizia durante il primo lockdown, per cui alla fine della seconda): tranquilli non si tratta di un discorso sulla DAD (o DII, che poi è uguale), anche se nasce in quel contesto.
A fine newsletter i soliti consigli Musical/GdR/Boardgame. Come sempre la newsletter è gratuita, ma il sostegno è ben accetto!
La scuola primaria, Google Classroom, la Dad, i compagni di classe
Ve l’ho promesso, non parlerò di Dad, anche se ho una idea precisa in merito, in qualche maniera distante dal “sentire comune”. Sta di fatto che genitori, bambini, insegnanti si sono dovuti confrontare con un modus vivendi che non era previsto e forse anche scarsamente contemplabile in un contesto come quello della scuola italiana.
In particolare, per insegnanti e bambini del primo ciclo della scuola dell’obbligo, fra le varie problematiche che si sono presentate, una è stata quella dell’adozione di una - o più - piattaforme in grado di sostenere la didattica a distanza, fra compiti, lezioni in diretta, strumenti di condivisione: in molti casi, negli altri cicli, questi strumenti, seppure scarsamente utilizzati, erano già attivi e usati da studenti e professori.
Nel caso della scuola di Cecila (classe 2012), la scelta è andata verso Google Classroom, che molti di voi conosceranno.
Lo spaesamento iniziale per genitori e bambini è stato tanto. Si è dovuto imparare molto, molto in fretta. Cecilia -che ha un babbo nerd- si è ritrovata con un laptop HP di 11 anni fa, upgradato con un hd a stato solido, con sopra una distribuzione Linux agile, mentre molti altri si sono dovuti accontentare, soprattutto inizialmente, di telefonini e/o tablet.
Piccola digressione: i tablet in questo contesto sono sostanzialmente quasi inutili. Schermo piccolo, assenza di tastiera fisica, funzionalità limitata di diversi strumenti della suite. Date ai bambini dei computer veri, please.
Come detto da molti, nei contesti di Dad una delle componenti più critiche è stata la scomparsa dell’interazione fra bambini, del rapporto umano tipico di una classe, fatto di chiacchericcio, litigate, risate, piccole invidie, fantasia.
I bambini delle elementari (scusate se ogni tanto mi scappa questo termine, è la vecchiaia) non hanno - nella maggior parte dei casi - un cellulare, per cui effettivamente la possibilità di comunicazione con i compagni si limitava a qualche videochat Whatsapp con il cellulare dei genitori. Insomma, non il massimo.
Ma si sa che le difficoltà aguzzano l’ingegno. Come molti di voi sapranno, fra gli strumenti della suite Google ne esiste uno peculiare, Jamboard.
Dal sito ufficiale:
"Grazie a strumenti per la creatività e la gestione dei contenuti come Jamboard, tutti gli studenti possono trovare risposte e presentarle allo stesso modo in cui farebbe un insegnante. È un modo di dare voce a ognuno di loro, indipendentemente dal livello."
In parole povere: una lavagna multimediale condivisa. Dove chi è invitato può modificare liberamente il contenuto. Spazio bianco, qualche strumento base - linee, forme, note, testi, inclusione immagini, ogni Board può avere più pagine.
Jamboard: la lavagna che diventa social
Intendiamoci, Jamboard è un ottimo strumento di interazione per piccoli gruppi e sicuramente ha una sua precisa funzione didattica. Una cosa che però mia figlia, e la classe intera, come immagino tanti altri nelle loro condizioni, ha imparato presto, è che, al contrario della scuola, l’ambiente Google che è stato loro offerto, è aperto sempre.
È dunque possibile accedere in ogni momento - anche senza controllo - alle bacheche Classroom, ai documenti condivisi, alle Board JamBoard.
Non solo. È possibile per gli studenti aprire nuove board, condividendole solo con alcuni degli studenti, creando nei fatti delle vere e proprie stanzette.
Attenzione: non è mia intenzione parlare in questo contesto di privacy, opportunità, controllo, accesso a internet di minori, tutte questioni rilevanti, ma non sono il punto della questione.
Quello che mi interessa è vedere come questi studenti, fra i 7 e 9 anni, abbiano trasformato JamBoard in un vero e proprio social, piegando gli strumenti forniti, spartani e davvero semplici, ai loro bisogni comunicativi.
Jamboard come Chat realtime
Il primo contesto in cui ho visto i ragazzi interagire è stato piuttosto naturale: avevano usato Jamboard per una esercitazione, mentre erano anche in Meet. A fine esercitazione Meet è stato chiuso dall’insegnante, mentre la Jam è rimasta attiva, e Cecilia ed i suoi amici hanno cominciato ad usare le note per chiacchierare:
Chiaro no? La cosa bella era il marasma caotico, perché ognuno poteva scrivere, cambiare, riscrivere, in un flusso ipnotico e sicuramente confusionario.
Il mezzo aveva dei limiti enormi, non si capiva chi aveva scritto cosa, chiunque poteva cancellare le creazioni altrui, insomma, un flusso di coscienza collettivo più che una chat.
Comunque era quello di cui Ceci e alcuni dei suoi compagni avevano bisogno.
L’entusiasmo di mia figlia a quel punto era alle stelle. Il salto successivo è stato capire come creare le proprie JamBoard (tempo netto 15 secondi) e invitarci dentro i propri compagni (altri 20 secondi forse).
Il più era fatto. Poi ha scoperto la persistenza del mezzo.
Jamboard come ProtoSocial
Ora il profilo scolastico di mia figlia è una collezione di una ventina di JamBoard, alcune dai titoli evocativi, come “Chat Privata Pietro, Aurora, Ceci”, oppure “Album Aurora Cecila”, o anche “CHE RIDERE!!!!”.
Lo dico sinceramente, queste jamboard sono spettacolari: scambi di battute, qualche confidenza, foto buffe trovate sul web (gatti su tutto, ovviamente), composizioni e disegni di ogni tipo.
Non posso sicuramente pubblicare le cose più intime - e qualcosa nonostante l’età - c’è già, ma ovviamente, con il consenso di Cecilia mantengo il controllo del tutto, come è giusto che sia.
L’altra cosa notevole è che questo tipo di interazione è proseguito anche al termine della Dad, come se effettivamente uno spazio di comunicazione - e creazione - protetto e condiviso liberamente con un sottoinsieme delle relazioni obbligate tipiche di quell’età, rispondesse ad una necessità concreta.
Qualche considerazione finale
Ecco, una cosa che mi piacerebbe capire, magari anche da maestri e altri genitori, è se questa dinamica sia una cosa diffusa, oppure un unicum. Cercando in rete non ho trovate evidenze di un uso diffuso di questo tipo, ma dubito sinceramente che Cecilia ed i suoi amici non abbiano alter ego che abbiano fatto lo stesso percorso.
L’altra considerazione è la capacità di andare oltre alle intenzioni di progettisti e sviluppatori, forzando le caratteristiche di un prodotto per renderlo qualcosa di altro, nuovo, potenzialmente dirompente.
Ambienti di questo genere, completamente avulsi da meccaniche precostituite, consentono agli utenti, specialmente così giovani, di trovare modi d’uso inediti, creativi, sottilmente rivoluzionari. Insomma, secondo me è un bel segnale.
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E con questo è veramente tutto: al solito, se vi è piaciuta, condividete, se no, fatemelo sapere!
A presto, vostro,
Morloi